Presso la chiesa Santa Maria della Vita a Bologna, fino al 19/03/2023, sarà possibile visitare la mostra dedicata all’artista Bruno Pulga a Bologna, esponente della corrente informale italiana dell’Ultimo Naturalismo.
Nota al curatore
Nota al curatore al quale va un plauso per aver esposto le opere in ordine cronologico iscrivendo le opere in sottogruppi. Le opere si unificano ma si distinguono per soggetto realizzando nuclei tematici sensati tralasciando una forzata armonia ritmica delle tele nello spazio espositivo, dando così la possibilità allo spettatore di analizzare le declinazioni stilistiche dell’artista.
Nature morte, paesaggi e paesaggi minimalisti di Bruno Pulga a Bologna
L’esposizione parte dalle prime tele degli anni ‘50 con soggetto le nature morte, per passare successivamente ai paesaggi dai colori sgargianti, seguono le prime tele “minimaliste” dove il colore diminuisce per dare spazio al chiarore del supporto.
La collezione di bozzetti e schizzi a matita e pennarello
Nella seconda sala troviamo un’intera parete dedicata ai bozzetti a matita e pennarello, ai quali seguono due litografie.
Luce-Natura di Bruno Pulga coronato dal Transito della Vergine di Alfonso Lombardi
Le due grandi tele di luce-natura degli anni ‘80 sono state esposte in una parete unica, coronate dal grande gruppo scultoreo di Alfonso Lombardi, il Transito della Vergine.
Teste Natura, Falaise, e teste da tavola operatoria
Si torna indietro nel tempo alla produzione della fine degli anni ‘60 con un’altra serie di teste natura e teste da tavola operatoria. A chiudere la mostra la serie delle Falaise, ovvero i paesaggi dedicati alle scogliere, che richiamo la produzione minimalista sui paesaggi naturali che possiamo ammirare in prima sala. Nelle Falaise possiamo vedere non solo un’economia dei gesti, ma anche dei colori sgargianti tipici delle serie precedenti, per lasciare spazio a colori pallidi e sovrapposizioni di bianco su bianco, lasciando alle ombre create dalla pittura fortemente materica l’intuizione di un paesaggio scogliero.
Un excursus artistico nella pittura di Bruno Pulga a Bologna
La mostra racchiude in sé un excursus artistico a cavallo tra gli anni ‘50 e ‘80 che dimostra “l’evoluzione” stilistica di Bruno Pulga, il quale non tradisce mai il suo stile, per quanto esso si declini in una moltitudine di variazioni fedeli a sé stesse.
Non solo artista, ma uomo del suo tempo. Dal bozzetto, alla litografia, alla tela, ritroviamo una matrice distruttiva “pulghiana” declinata in molteplici forme, così come è molteplice la natura umana che nella sua arte non riesce mai a compiere la metamorfosi tanto ambita nelle sue opere.
La formazione a Bologna e le influenze di Giorgio Morandi
Nato e formatosi a Bologna, l’artista mostra nella sua prima produzione artistica l’influenza di Giorgio Morandi, suo maestro presso l’accademia di Belle Arti di Bologna. Nelle sue composizioni e nature morte del 1954 incominciamo a intravedere quella che sarà l’estetica della sua arte successiva, ovvero uno smembramento progressivo del dato naturale.
Le nature morte potranno anche sembrare morandiane, metafisiche e surreali, estraniate dalla loro stessa oggettività, ma allo stesso tempo vediamo che la visione dell’oggetto concreto inizia a sfocarsi per diventare un’unicum con lo sfondo, i colori permeano fino a confondere le forme dei singoli oggetti che si mescolano gli uni agli altri per diventare infine una sorta di paesaggio urbano sfocato.
Il dato naturale che si sfalda progressivamente
Intravediamo come il dato naturale si rivela a noi attraverso una vista “catarattica”, dove nulla è definito, ed è il gesto, o lo sguardo, indeciso e sfuggente, a costruire l’impressione attraverso la mano vibrante dell’artista.
Il colore puro e grasso sulla tela crea l’immagine che allo stesso tempo si decompone davanti ai nostri occhi. Ci troviamo dinanzi una pittura sporca, materica e grezza. L’oggetto, l’uomo e la natura si fondono attraverso la gestualità violenta del pennello, e l’insieme generale ci dona la visione di un secondo dinanzi una vista corrotta dal tempo che sembra sfuggire, che non ci dà la possibilità di analizzare nel dettaglio le figure, ma che ci porta comunque a intravedere questi paesaggi dalla forte matrice espressionista.
Atto creativo e distruttivo in Bruno Pulga a Bologna
Nell’arte di Bruno Pulga convivono l’atto della creazione racchiuso nella gestualità e la forza distruttiva del gesto stesso, dove nessun corpo, nessun paesaggio e nessun oggetto sopravvive alla forza devastante della violenta pittura.
Bruno Pulga a Bologna interprete eclettico dell’Ultimo Naturalismo
Sotto la bandiera dell’Ultimo Naturalismo, corrente denominata dal critico d’arte Francesco Arcangeli, Bruno Pulga esprime una condizione di felicità e tormento riversata nella natura, la quale diventa ultima speranza per tornare ad essere umani ed analizzare la terribile angoscia esistenziale degli anni ‘50 attraverso un ritorno verso la natura materna, la quale viene distrutta diventando una visione dell’uomo corrotto, brutale e venale.
I limiti tra uomo e natura, figurativo e astrattismo, diventano infinitamente labili senza mai potersi veramente ricongiungere, eppure un volto umano sfigurato diventa un paesaggio stravolto da una catastrofe naturale.
Interessante vedere come sia possibile analizzare la sua arte dal macroscopico al microscopico e viceversa, l’uomo si cela tra le pieghe di un paesaggio impastato di colore, così un paesaggio naturale diventa improvvisamente un volto grottesco, distrutto, triste, che non trova riposo nemmeno nella natura con la quale cerca di confondersi.
La metamorfosi impossibile dell’uomo nella natura
I suoi paesaggi dis-umani diventano il riflesso di uno stato d’animo agitato. Ritroviamo la vista di paesaggi padani e tramonti sognanti rivelati attraverso colori radioattivi, sgargianti, puri, dove predomina il nero e il verde acido che si incrostano come ruggine che corrode la natura. Paesaggi da sogno che ci portano piuttosto nella dimensione dell’incubo, della paura, e dell’angoscia di un disastro imminente.
Bruno Pulga a Bologna interprete dell’angoscia della Guerra Fredda
Gli Ultimi Naturalisti diventano interpreti dell’ angoscia esistenziale dell’uomo degli anni ‘50 che vive il terrore di un disastro nucleare alle porte della Guerra Fredda.
La pittura tormentata del primo periodo artistico di Bruno Pulga sembra in qualche modo risolversi attraverso un minimalismo di materia e gesti.
Se prima un paesaggio grottesco riempiva la totalità della tela, adesso la materia diventa essenziale come il gesto. Un paesaggio viene definito attraverso un’economia degli spazi, se prima troviamo la necessità di riempire, adesso lo spazio si svuota, ed è una semplice spatolata di colore al centro della tela, come un “taglio in positivo”, a dare l’idea di un paesaggio.
Pittura degli anni ’60
La pittura di Pulga degli anni ‘60 sembra aver accettato il conflitto esistenziale senza mai veramente risolverlo. Prima l’agitazione nel trovare nei colori, nella materia, nello spazio il senso della forma, successivamente i gesti si minimizzano. Per quanto gli indizi dell’esistenza di un paesaggio si estremizzano con la tendenza all’annullamento, rimane comunque intatta la carica emotiva della gestualità, anzi, adesso ancor più istintiva ed essenziale, meno razionale rispetto al decennio precedente. Una sorta di angoscia rassegnata, un’esistenza che ha accettato il bilico tra la vita e la morte, dove il meno rappresenta il tutto.
Bruno Pulga a Bologna
Definire in maniera oggettiva quali siano le reali influenze artistiche in Bruno Pulga sarebbe riduttivo. L’artista bolognese sembra racchiudere le tendenze degli anni ‘50 in uno stile unico e personale, coerente sicuramente con le tendenze dell’Ultimo Naturalismo, il quale cela innumerevoli tendenze dell’arte italiana e internazionali.
In Bruno Pulga convergono sicuramente gli insegnamenti di Giorgio Morandi nella sua prima produzione di nature morte, con echi cubisti che collideranno successivamente in un futurismo naturale nella produzione di paesaggi. Un’angoscia esistenziale baconiana fa da eco alle teste-natura dove l’uomo si smembra per diventare natura e corromperla con il proprio tormento.
La produzione delle luci-natura degli anni ‘80 riportano in sé echi pollockiani con delle grandi tele astratte che racchiudono un movimento apparentemente libero ma ben studiato, come possiamo vedere dall’ interessante collezione di disegni e bozzetti delle sue opere.
Dalla produzione su carta, che non consiste in opere a sé stanti, ma piuttosto in studi di eventuali dipinti, continua a intravedersi la mano vibrante che dalla matita e il pannarello si trasferisce tramite il colore ad olio sulla tela.
Si evince un’agitazione della gestualità che per quanto studiata non lascia mai dietro di sé la purezza del caso e della libertà del movimento psichico tipico dei surrealisti, e che Bruno Pulga ha sapientemente personalizzato e saputo inglobare nella sua arte così tanto eclettica.
Silvia Giaquinta