Arte Contemporanea

Land Art : il Paesaggio come luogo espositivo

Abbattere i muri del museo, verso la Natura

È facile pensare che, se mai avessimo voglia di apprezzare l’arte, sia sufficiente entrare in un museo in modo da ammirare una sfilza di quadri che, in maniera ordinata e eterna, si mostrano agli spettatori sulle pareti bianche del museo. Ad evidenziare lo status di manufatto artistico di valore, dopo la libera circolazione nel mercato, è proprio il collocamento finale all’interno di un museo. La Land Art cambia questo paradigma modifica questo paradigma.

Land Art

Nel 1970, in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, si fa avanti una nuova idea di arte. La Land Art, il paesaggio come luogo espositivo, per ribellarsi ad una istituzione basata su un mercato remunerativo ed elitario che colleziona ed espone sulle proprie pareti, in maniera fissa, ciò che secondo il mercato dell’arte viene considerato degno di nota.

Due dei protagonisti più importanti della Land Art sono Christo e Jeanne Claude, una coppia di artisti dei quali abbiamo parlato nel seguente articolo attraverso la fotografia di Wolfgang Volz nella mostra Photos! I capolavori della fotografia della Collezione Julián Castilla: Cartier-Bresson, Doisneau, Capa, Man Ray e i più grandi fotografi del ‘900

Christo e Jeanne Claude, The Gates, 2005, Central Park New York
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Alberto Burri, Il Grande Cretto, 1985-2015 (inizio – fine lavori), Gibellina Vecchia (TP), SiciliaItalia
Il Grande Cretto venne costruito sopra le rovine della città di Gibellina a seguito di un disastroso terremoto. L’opera rappresenta il rilievo delle strade e degli edifici della città prima del terremoto.

Land Art:“Minimalismo” con altri mezzi

Dunque, la Land Art, si prefigura in primo luogo come forma di critica istituzionale. Può essere definita un’estrema estensione dell’Arte Concettuale perché si basa di più sul concetto del luogo piuttosto che sul prodotto finale. Possiamo fare dei riferimenti anche con l’Arte Minimale, considerando il fatto che queste opere sono spesso ottenute tramite semplici forme geometriche. Esistono anche delle somiglianze con l’Arte Povera, perché condivide con essa l’interesse per i materiali naturali come minerali, pietre, legno, sabbia, spesso derivanti dal luogo in cui l’intervento site-specific avviene.

Site-Specificity e Land Art

Site-Specificity, è un termine che si riferisce a un determinato luogo nel quale un artista decide di intervenire nel paesaggio naturale o urbano. Ad esempio, a New York, in una strada abbandonata del Bronx, Richard Serra decise di inserire nell’asfalto un cerchio di acciaio di 8m, un materiale tipicamente industriale (minimalista), diventando parte integrante del paesaggio urbano.

Possiamo trovare altri esempi di site-specificity anche a Bologna presso il giardino segreto di Palazzo Bentivoglio, nel quale sono state installate opere di Sissi e Dan Graham. In occasione delle giornate del F.A.I. Fondo Ambiente Italiano ArtAut ha dedicato un articolo sull’argomento.

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Richard Serra, Inscrivere in cerchio base piatta stella a sei punte, angoli retti rovesciati, 1970, Bronx, New York, USA

Forme di critica istituzionale

Gli artisti, allontanandosi dal luogo museale, e creando opere permanenti nel paesaggio, mettono in discussione il ruolo delle istituzioni, criticando il mercato dell’arte. La loro arte non è collezionabile, non può essere comprata ed esposta sui muri di un museo. È necessario viaggiare per poter vivere l’arte, essa può essere vissuta solo tramite il tempo e la dedizione che ogni spettatore è disposto a concedergli.

Land Art – Earth Works

Le espressioni più grandiose di Site-Specificity sono quelle che si sono allontanate dal mondo urbano per diventare parte integrante dei paesaggi naturali che il mondo offre.

Robert Smithson, Spirale Jetty, 1970

La Spirale Jetty, creata da Robert Smithson nel 1970, è un’opera emblematica di Land Art. L’artista ha deciso di intervenire sulla costa del Salt Lake nello Utah, negli Stati Uniti. Smithson si è servito dei materiali che la costa gli offriva, ovvero sabbia, acqua, minerali e rocce, per creare un’enorme spirale che si estende sulla costa. Dalle immagini possiamo vedere le dimensioni di tale intervento.

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Robert Smithson, Spirale Getty, 1970, Salt Lake, Utah, USA

Il risultato è quello di una “passerella” di sabbia dove solo chi ha deciso di intraprendere un lungo viaggio, ha la possibilità di camminare all’interno dell’opera. In questo modo può vedere come l’opera cambi attraverso i suoi occhi tramite il movimento e dalla variazione della sua prospettiva.

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Vista dall’interno della Spirale Jetty –Courtesy Utah Museum of Fine Arts

L’arte non ha più bisogno di un museo, un contenitore all’interno del quale essa può esistere. Piuttosto, è l’opera in sé che diventa contemporaneamente contenitore e contenuto dell’arte. Si crea una relazione dualistica tra spettatore e opera. Idea molto lontana da ciò che avviene in un museo, dove le opere sono esposte su muri o piedistalli, creando una distanza eterna tra spettatore e opera, vista solo frontalmente.

Walter de Maria, Lightning Field, 1979

Un approccio diverso è quello di Walter de Maria. Egli approccia alla natura senza modificarla, piuttosto esalta ciò che essa è già in grado di creare da sé. L’artista si limita a creare una sorta di “palcoscenico terrestre” tramite il quale la natura e la sua forza si possono mostrare nel pieno della loro potenza.

Una installazione nel deserto

Nel 1979, l’artista creò una particolare installazione nel deserto del New Mexico, ancora oggi visitabile.  L’operazione consiste nel piantare in verticale 400 steli di acciaio su una superficie di 1 km di larghezza, creando una foresta di pali nella piattezza del deserto. A prima vista tale installazione si può definire come Minimal Art: materiali industriali, acciaio, forme semplici, steli, e una superficie neutra, il deserto.

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Installazione di pali di acciaio nel deserto messicano

Più di un’installazione

Ma il punto focale di quest’opera non consiste nell’apprezzare questa foresta di pali, che d’altronde non è accessibile al pubblico. Piuttosto essi sono solo un “mezzo” per ottenere la vera opera d’arte. La larga installazione di steli si ritrova ad essere il punto più alto sulla superficie desertica. L’obiettivo è quello di rendere quell’area un luogo dove, durante le variazioni elettrostatiche dell’atmosfera, un fulmine possa avere un luogo preciso sul quale scaricare la propria energia. Il materiale metallico ne facilita l’attrazione verso quell’area.

Una tempesta di Fulmini

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La vista di una tempesta di fulmini sul Lightning Field

Durante certi periodi dell’anno, e durante particolari condizioni atmosferiche che attraversano il deserto, l’installazione rende quel terreno un vero e proprio Campo di Fulmini. Da ciò ne deriva uno spettacolo della potenza della natura. Vere e proprie scariche di energia dal cielo che si manifestano in tutto il mondo, adesso rese visibili e osservabili grazie all’unione tra Arte e Natura.

Non è possibile accedere al campo di fulmini dato il rischio di essere fulminati. Ma è possibile osservare una tempesta attraverso una torre di guardia a distanza, appositamente creata per osservare il fenomeno in sicurezza.

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Photo: John Cliett © Dia Art Foundation.

Il Sublime della Natura nella Land Art e nell’Arte

Nella Storia dell’Arte, Il tema della natura, della sua forza, e del sublime, inteso come qualcosa che al contempo affascina e terrorizza, è stato riproposto in diverse forme. Già dal 1800, durante quella corrente artistica chiamata Romanticismo, la natura ha un grande significato per la comprensione del ruolo dell’uomo di fronte alla natura. Ricordiamo William Turner e i suoi disastri navali, dove una tempesta distrugge grandiose imbarcazioni, e dove l’uomo, al cospetto della natura, rimane piccolo e impotente.

Joseph Mallord William Turner The Shipwreck 1805, Tate Modern, London, UK

Natura: l’Arte Primordiale

La Natura è sempre stata d’ispirazione per l’artista. Per gli antichi greci fare arte significa imitare la natura, perché in essa vi risiede la perfezione, l’armonia, e un’entropia costantemente ordinata.

All’interno della Natura, teologi, filosofi e studiosi hanno cercato di dare la prova dell’esistenza di Dio.

Partendo dalla Bibbia, vediamo come gli uomini abbiano ricercato in essa una prova teologica. In  Sapienza 13,1-5 leggiamo:

Ma o il fuoco o il vento o l’aria veloce,
la volta stellata o l’acqua impetuosa o le luci del cielo
essi considerarono come dèi, reggitori del mondo.

Se, affascinati dalla loro bellezza, li hanno presi per dèi,
pensino quanto è superiore il loro sovrano,
perché li ha creati colui che è principio e autore della bellezza.

Se sono colpiti da stupore per la loro potenza ed energia,
pensino da ciò quanto è più potente colui che li ha formati.

Difatti dalla grandezza e bellezza delle creature
per analogia si contempla il loro autore.

-Bibbia, Sapienza 13,1-5

L’artista, con il suo potere sciamanico di creare un nuovo mondo attraverso l’arte, dischiude ai “comuni mortali” un mondo altrimenti inaccessibile. Non solo quello della materia e della sua copia, ma anche il mondo degli astrattismi dell’anima e di quelle cose altrimenti incomprensibili, come il Sublime intrinseco nella Natura.

Silvia Giaquinta per ArtAut

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