Arte Contemporanea Mostre

Banksy Jago TvBoy e le provocazioni sociali

A Bologna arriva una tripletta di artisti apparentemente distanti tra loro nei modi, nello stile e nelle tecniche, Banksy Jago TvBoy e altre storie controcorrente dall’11 novembre a Palazzo Albergati.

Banksy Jago TvBoy

Due di loro, TvBoy e Banksy sono degli street artist che lavorano in modalità differenti. Conosciamo bene Banksy, del quale in realtà sappiamo poco e niente, se non le sue iconiche immagini, mentre TvBoy è uno street artist rivelato, di lui sappiamo il nome e il cognome, Salvatore Benintende, artista palermitano che ha iniziato a fare arte nella città di Milano. Terzo main artist è lo scultore Jacopo Cardillo, meglio conosciuto con lo pseudonimo Yago.

Unione di scultura e street art

Due mondi, quello della street art e della scultura, si uniscono nella mostra Yago, Banksy, TvBoy e altre storie controcorrente. 

In che modo possiamo unire il mondo di Jago, Banksy e TV boy in una stessa mostra, e perché le loro storie sono considerate controcorrente?

In questo articolo analizzeremo le modalità curatoriali di Piernicola Maria Di Iorio e sulle motivazioni che hanno portato in un’unica mostra la street art, che per antonomasia vive al di fuori del sistema dell’arte, e la scultura, due mondi diversi adesso uniti sotto la bandiera.

“il percorso espositivo -viaggio ideale tra le sculture di Jago e i lavori più iconici di Banksy e TvBoy – ci porta a vedere dall’interno un processo creativo, che ha generato nell’arte attuale uno stravolgimento di dogmi e rituali. Con la loro arte entriamo nella dimensione del diverso, dove vengono costruite cronache e mondi alternativi capaci di costruire un nuovo ordine”

-Piernicola Maria di Iorio

L’articolazione della mostra Banksy Jago TvBoy e altre storie controcorrente

La mostra si articola in due parti nette, scelta anche forzata dalle caratteristiche dello spazio espositivo di Palazzo Albergati, diviso su due piani. 

Il piano terra, ad eccezione della prima sala di rappresentanza, è interamente dedicato all’opera di Jago. Il primo piano, salendo per le scale, è invece interamente dedicato alla street art, e si divide a sua volta in tre parti: la prima parte è dedicata a TvBoy, seguono le sale di altri street artist italiani e internazionali, tra i quali i Mr.Brainwash, Obey, Andrea Ravo Mattoni, e l’ultima parte dedicata allo street artist più famoso dei nostri tempi, Banksy.

ArtAut consiglia

Il catalogo della mostra consigliato da ArtAut presenta opere rivoluzionarie di Jago, Banksy e TVBOY, artisti noti per sfidare le convenzioni dell’arte. Include pezzi celebri come “Girl with Balloon” di Banksy e opere influenti di artisti ispirati da loro, fornendo una panoramica incisiva dell’arte contemporanea anticonformista all’interno di questa mostra innovativa e trasversale.

la sala di rappresentanza 

La mostra inizia a piano terra con una sala di rappresentanza dove vediamo tre opere dei tre main artist della mostra: Yago, con un autoritratto in marmo dal sapore surreale, Banksy con uno dei suoi iconici topi di fogna, e un ironico dipinto di TvBoy che rappresenta un Leonardo da Vinci e una Monalisa nelle vesti di moderni hipsters.

JAGO e la rievocazione della scultura rinascimentale in una “chiesa profana”

Dopo questa sala di rappresentanza ci immergiamo nel mondo di Jago fatto di oscurità, luci bianche e intense che fanno risplendere le sculture in marmo. 

Veniamo accolti in un ambiente suggestivo di contrasti tra buio e luce, scultura, specchi, e video proiezioni provenienti direttamente dagli account social dell’artista, tutto accompagnato da una travolgente musica elettronica.

Spesso l’artista è stato definito il Michelangelo moderno, definizione che egli stesso ha rifiutato, ma in questo contesto, le dialettiche di contrasto tra la sua scultura e lo scultore più importante di tutti i tempi, sono molteplici, e non si limita solo nell’utilizzo del medium, ovvero la scultura in marmo.

Il Michelangelo moderno

Partendo dall’opera di Jago, troviamo una contraddizione nelle sue stesse affermazioni. Una delle sue opere più importanti (non presente in mostra) si chiama proprio “La Pietà”, e rievoca nel nome e nella forma la stessa pietà di Michelangelo nella Basilica di San Pietro a Roma.

L’esposizione

La maniera in cui viene esposta la sua opera crea il personaggio stesso dell’artista, che diventa un Michelangelo moderno per diverse ragioni.

Buio e luce, chiese e musei: lo spazio espositivo come rievocazione di antiche chiese contemporanee

Lo spazio espositivo diventa una sorta di chiesa profana. Sappiamo che le sculture di Michelangelo sono state realizzate per le chiese più importanti d’Italia, dove ovviamente l’illuminazione era affidata solo ed unicamente alla luce concessa dalle alte finestre della chiesa stessa. Dunque lo scultore lavorava anche in funzione dell’illuminazione a sua disposizione. Le sculture dell’epoca rinascimentale vivevano nella condizione costante di penombra, una luce totalmente diversa rispetto a come le vediamo oggi, illuminate da luci artificiali.

La scultura di Jago, d’altro canto, è ovviamente illuminata da luci artificiali, ma vi è una sorta di rievocazione di quella tensione di luce che richiama quelle delle chiese antiche. Nell’oscurità delle sale di Palazzo Albergati, dei potenti fasci di luce mettono in risalto le sculture in marmo.

Musica sacra e musica profana

Mentre nelle chiese rinascimentali romane si poteva sentire la musica sacra, interamente cantata a cappella, nelle musiche della mostra invece scompare totalmente la componente umana per essere sostituita da quella elettronica.

Le opere

Le opere in mostra sono tra le più emblematiche, affiancate a sculture meno note ma sempre caratterizzate dalla tensione che distingue le sue opere.

Jago, particolarmente interessato all’anatomia, non solo quella umana, realizza opere in marmo che sembrano ammorbidire la natura dura della materia marmorea per renderla carne viva e pulsante.

In prima sala, vi è un cuore incastonato nel marmo grezzo. Lo scultore ha il ruolo di rivelare l’anima pulsante della roccia, facendosi interprete della materia come artista visionario.

accanto ad esso troviamo il feto di un gatto, uno sphinx per l’esattezza. La maniera di svelare la vita attraverso il marmo è surreale, ci mostra la sua capacità di modellare la durezza del marmo per renderlo carne.

Attraverso dei fil di ferro e delle pinze, Jago “apre” una placenta in marmo mostrandoci l’interno di questo grembo nel quale troviamo in posizione fetale un gatto adulto. 

Questo effetto di carne viva, come tagliata con un bisturi dalla mano esperta di un chirurgo, si ripete numerose volte nelle sue opere, dimostrando una tensione ed un interesse morboso verso lo sviluppo della vita in evoluzione.

The first Baby: la prima scultura a gravità 0

In questa categoria rientra la scultura più piccola mai realizzata da Jago. Si tratta di un piccolo feto umano esposto in una teca illuminata, mentre il resto della stanza si illumina di piccole stelle che ci immergono nell’universo.

 In questa piccola teca è esposta la prima opera d’arte nella storia che ha lasciato la terra per fluttuare nello spazio. 

La piccola scultura venne affidata, nel 2019, al capo della missione spaziale Beyond, Luca Parmitano, della European Space Agencies.

Habemus Hominem

La mostra prosegue in un corridoio di specchi in fondo al quale troviamo l’opera più emblematica dell’artista, l’Habemus Hominem (ex Habemus Papa). 

La storia della scultura è di per sé affascinante, infatti essa ha subito un’evoluzione che segue gli eventi storici della chiesa cattolica contemporanea.

Habemus Papa del 2009 rappresenta il busto del papa Benedetto XV, privo di occhi, come ad indicare la sua elevazione a divinità, lontano dagli uomini, e coperto dalla veste pontificia.

Da Habemus Papa a Habemus Nominem

Dopo le dimissioni del papa nel 2013, la scultura cambia, Jago letteralmente spoglia il pontefice dalle sue vesti e lascia il busto di Ratzinger completamente nudo, senza abbellire quello che è il corpo di un uomo anziano, dalla pelle rugosa e sottile. 

La scultura non rappresenta più il rappresentante di dio sulla terra, ma un uomo anziano come qualunque altro, debole e fragile come qualunque mortale, senza poteri. 

Come ultima aggiunta, Jago dona alla scultura degli occhi. Così Habemus Papa diventa definitivamente Habemus Hominem.

Gli occhi nella scultura di Jago

Gli occhi nella scultura di Jago sono una componente essenziale e caratterizzante le sue statue. Così come nella’ Habemus Hominem, anche nella Venere nella sala successiva, gli occhi sono stati realizzati in modo tale da seguirci in maniera ossessiva.

La Venere umana

La Venere di Jago non segue l’iconografia classica. Non ci ritroviamo dinanzi la Venere alla quale siamo abituati da Botticelli oppure altri scultori che hanno dipinto la divinità romana della bellezza come giovani donne dalle chiome dorate.

La Venere di Jago è una donna anziana e rugosa. Una divinità non più immortale e perfetta, ma una un mortale, una donna terrena che ci dimostra la bellezza dei segni del tempo.

La sala dei cuori

L’artista non lavora solo con la scultura ma anche con la plastica ceramica. Nella Sala dei cuori troviamo gli stampi di 30 cuori ottenuti tramite colaggio. Ogni stampo rappresenta ciascun istante che serve ad un cuore per compiere un battito intero. 

I 30 cuori sono esposti nella maniera classica in cui sono già stati esposti in altre mostre,  circolare su dei piedistalli rossi, creando un unico complesso scultoreo.

Appunto al curatore

Ho avuto l’impressione che la successione dei cuori non fosse stata esposta nella maniera corretta. Sembra che i pezzi siano stati messi uno accanto all’altro casualmente, togliendo all’installazione il potere dinamico che avrebbe avuto se i cuori fossero stati esposti nella maniera in ordine cronologico.

Tuttavia nella sala possiamo apprezzare anche la video art di Jago, che fa della sua scultura il soggetto principale. 

Seguendo l’estetica Jaghiana di rendere viva la materia inerte, l’artista realizza uno stop motion dei cuori, dimostrando l’evoluzione di battito un ceramico attraverso la video art.

The Medium is the Message-Marshall McLuhan

TvBoy

Dopo questa prima parte dedicata a Jago, si passa alla seconda parte della mostra al piano superiore, dedicata alla street art, dove cambia totalmente l’atmosfera.

Come abbiamo anticipato in precedenza, la parte della mostra dedicata alla street art si suddivide in tre sezioni.

Passiamo dunque dall’atmosfera cupa di Jago ad un contesto luminoso dalle sgargianti pareti gialle che ci introduce nel mondo di TvBoy.

TvBoy è il nome d’arte dello street artist palermitano Salvatore Benintende, rappresentante italiano del movimento artistico Neo Pop. 

La storia dell’arte reinventata

Nelle prime sale vi sono le tele dedicate ai capolavori della storia dell’arte reinventati in chiave moderna. 

La sezione si apre con la riproduzione di Michelangelo della creazione di Adamo, dove il primo uomo tende la mano al creatore distratto da una chiamata sul suo IPhone. 

 Nella sala successiva troviamo invece lo storico dell’arte e politico Vittorio Sgarbi nelle vesti del L’urlo di Munch, mentre una dama con l’orecchino di perla e un Vincent Van Gogh si scattano un selfie. 

In una tela più grande troviamo La Libertà Guida il Popolo di Delacroix. Vi è una rievocazione della storica rivolta francese del 1830, ora nelle vesti contemporanee della protesta dei francesi Gilet Gialli.

Mentre la celebre ultima cena di Leonardo da Vinci, che oggi potrebbe tranquillamente svolgersi in un McDonald.

Seguendo il filone della storia dell’arte classica e rinascimentale, troviamo un’icona cristiana, la Madonna con Bambino, questa volta interpretati dalla modella e influencer italiana Chiara Ferragni e suo figlio Leone. Possiamo vedere come l’Iconografia non cambia ma si trasforma: riconosciamo Chiara Ferragni, icona della cultura moderna dei social media, ma notiamo anche che è rappresentata nelle vesti di una Madonna, icona della cultura cristiana.

Arte come denuncia sociale in Banksy Jago TvBoy

Dopo questa sezione, molto leggera e ironica, con una sottile critica alla società, entriamo nel clou della street art e delle tematiche care a questo movimento underground.

La musica dei Blur e le teorie sull’identità di Banksy

In sottofondo sentiamo la musica dei Blur, gruppo degli anni ‘90, periodo nel quale la street art esplode. La scelta della musica non è solo data per creare un contesto storico, e questa scelta riguarda il misterioso artista Banksy. Secondo alcune teorie, infatti, il cantante dei Blur sarebbe Banksy stesso. Altre teorie credono invece che sia Robert del Naja, cantante del gruppo Massive Attack. Entrambe le versioni sono state smentite dagli artisti. 

Eppure rimangono teorie plausibili, dal momento che Banksy, ad oggi, potrebbe essere chiunque.

Tornando alle tele (o ri-stampe) in mostra, possiamo dire che la street art nasce in strada, per la strada, e ha a cuore quelle che sono le tematiche sociali più calde e discusse, soprattutto in materia di diritti umani.

Arte di denuncia

La sezione seguente perde l’ironia della sezione dedicata alla storia dell’arte precedente, e diventa vera e propria denuncia sociale. 

Ad accoglierci, uno accanto all’altro troviamo Gino Strada con in mano il cartello Stop War, e il ritratto di George Floyd, nella stessa posizione con il cartello Stop Racism.

L’intera sala segue questo filone di condanna alle crudeltà sociali, alla guerra, al razzismo. 

Denuncia le politiche razziste e disumane che vietano a barconi di migranti disperati di approdare sulle coste d’Italia e d’Europa.

In un dipinto vediamo un bambino su una barchetta di carta, condannata ad affondare, e in mano una pagella della scuola.

Il Naufragio del 2019

Si tratta del ritratto della vittima più giovane del naufragio avvenuto nel 2019, dove oltre 500 profughi sono morti annegati. Questa è solo una delle tante tragedie che si susseguono nel Mar Mediterraneo a causa di politiche sulla gestione dei migranti che trattano la vita umana come merce da scaricare o meno in un porto sicuro.

L’artista ha collaborato con la ONG Open Arms realizzando un graffito sulla nave spagnola, pezzo che recita “Open your arms to Life”

Sul profilo instagram di TvBoy, dove annuncia la collaborazione con la ONG spagnola, scrive

“Art is the highest form of hope and every single life is more important than any political game”

Il razzismo è sicuramente una delle tematiche affrontate nell’arte di TvBoy, ma non mancano le riflessione sui diritti civili LGBTQIA+

La serie dei baci e le tematiche LGBQTIA+

E lo fa rendendo le icone popolari delle serie tv e del calcio icone Gay.

Rappresenta in un contesto moderno  il Bacio di Hayez. Adesso i due famosi amanti del dipinto del 1859 indossano mascherine anti-covid e tengono in mano una boccetta di Amuchina.

Seguendo questa serie sull’amore, vediamo un bacio lesbico tra Nairobi e Tokyo, protagoniste della serie tv spagnola La Casa de Papel, e un bacio omosessuale tra le star del calcio Lionel Messi e Cristiano Ronaldo.

Nella rappresentazione del bacio tra i due calciatori unisce anche una tifoseria che si divide tra le due star, eliminando i conflitti e unendo la tifoseria sotto la bandiera dell’amore (e della sportività).

Icone Gay

Nella stessa sala altre icone popolari italiane e internazionali.

Raffaella carrà, diventata icona gay per la sua apertura al mondo e il suo carattere eccentrico.

Una Regina Elisabetta punk, e un Super Papa, con Papa Francesco che apre la toga sotto la quale si nasconde una divisa da Superman.

La street art italiana e internazionale

Nella sala successiva abbandoniamo il mondo di TvBoy ed entriamo all’interno delle tendenze contemporanee nell’ambito della street art italiana e contemporanea.

In questa sezione troviamo l’unica donna in mostra. Il campo dell’arte è sempre stato dominato dal genere maschile, nonostante le grandi aperture degli ultimi tempi. La street art non fa eccezione, nonostante le aperture verso l’altro genere, troviamo comunque una sola artista, Laika, a rappresentare l’intero genere femminile nel movimento.

Laika streetartist

La sua immagine più iconica è legata al mondo LGBQTA+. In mostra troviamo rappresentata l’opera apparsa a Roma nel giugno del 2021, mese del gay pride organizzato ogni anno  in onore dell’anniversario dei moti di Stonewall del 1969 che hanno dato il via ai movimenti di liberazione omosessuale. 

Il pezzo rappresenta due guardie svizzere del vaticano coinvolti in un atteggiamento amoroso e con dietro un cuore arcobaleno, bandiera della pace e dei diritti LGBQTA+.

Laika realizza il pezzo non solo in onore del gay pride e dei moti di Stonewall, ma anche come critica verso il Vaticano che si è opposto e ha giudicato il tanto discusso ddl Zan, atto a contrastare e perseguire più severamente i crimini omotransfobici.

Oltre a Laika, troviamo altri street artist come Mr.Brainwash, Andrea Ravo Mattoni e Obey. Ognuno con il proprio stile unico e caratteristico, esprimono quelle che sono le tematiche sociali e artistiche, creando delle nuove e uniche sotto-tendenze all’interno del movimento.

BANKSY

Dopo questa lunga introduzione nel mondo della street, fatta di luci brillanti, pareti fluo e musica anni ‘90, entriamo in maniera totalmente improvvisa nella parte finale della mostra.

Il tono della musica si abbassa e diventa più teso, quasi a ricongiungersi con la prima parte dedicata a Jago, le pareti tornano nere e le luci soffuse.

Dai quadri colorati e sgargianti della sala precedente, passiamo a delle serigrafie con pochi colori, e al centro della stanza un tappeto di benvenuto delimitato da una segnaletica stradale utilizzata negli incidenti.

Banksy a sorpresa

Le immagini ci sembrano familiari. Mentre ci giriamo in questa strana sala, ci rendiamo conto solo in un secondo momento, quando vediamo la firma gigante BANKSY, di trovarci davanti le opere “autenticate” di uno dei più grandi artisti della storia dell’arte (e della storia).

Entrando nella parte dedicata a Banksy, si perde la leggerezza, seppur socialmente impegnata, della street art italiana e moderna, per tornare in una sezione misteriosa, seriosa, e dissacrante come l’artista alla quale è dedicata.

La mostra è interessante perché in essa possiamo rivedere non solo la carriera artistica di Banksy, ma anche l’estetica della sua carriera, che non abbandona mai le origini del movimento della street art.

A portarci fuori strada, in un primo momento, è lo zerbino al centro della sala delimitato da una segnaletica stradale.

Il tappeto di benvenuto, infatti, non è stato realizzato dall’artista, ma da delle donne immigrate che hanno cucito la scritta Welcome con i giubbotti di salvataggio utilizzati durante una delle spedizioni di salvataggio di un barcone di migranti.

Banksy e l’attivismo sociale nell’arte

Banksy non è semplicemente un artista, ma rappresenta quella frontiera dell’arte che diventa attivista con vere e proprie dichiarazioni e azioni concrete. Attraverso i guadagni delle sue opere, ha finanziato una ONG spagnola per il salvataggio dei profughi in mare, decorando la nave con la sua Girl with Balloon, dove al posto del palloncino la bambina tende la mano ad un salvagente.

Le immagini della PEST Agency

Altre immagini costellano la stanza, serigrafie e stampe autorizzate dalla PEST Agency, agenzia alla quale Banksy stesso si affida per tutelare le sue opere. 

Per quanto gli originali si possono solo ed unicamente trovare nelle strade del mondo, da Bristol a New York, in mostra possiamo vedere le stampe effettivamente autenticate e autorizzate dall’artista.

Vediamo Bomb Lover, una bambina che abbraccia una mina come se fosse un pupazzo, ma allo stesso tempo sembra tenerla stretta per non farla toccare terra ed esplodere disastrosamente.

Napalm Girl di Banksy

Un’icona di pace, invece, è la famosa Napalm Girl. L’immagine ritrae Ronald McDonald e Mickey Mouse, simboli dell’infanzia occidentale, che tengono per mano una bambina disperata. 

L’immagine di Banksy è una rielaborazione della fotografia scattata da Nick Ut durante la guerra in Vietnam che ritrae una bambina che scappa gridando e alla quale sono andati completamente a fuoco i vestiti a seguito di un bombardamento al napalm avvenuto l’8 giugno 1972, lasciandola totalmente nuda.

Questa fotografia è diventata un simbolo delle atrocità della guerra, e Banksy mette in contrasto i destini diversi dei bambini del mondo, ovvero gli innocenti. Mentre in occidente, lontani dalla guerra, i bambini possono vivere la loro infanzia circondati dai loro eroi dei cartoni e del consumismo moderno, dall’altra parte del mondo ad altri bambini innocenti viene privata la leggerezza dell’infanzia. 

Esorcizzare la tragedia della guerra attraverso le immagini

Banksy in queste due opere esorcizza la tragedia della difficoltà senza la possibilità reale di dare indietro quel che a questa bambina è stato tolto. 

Rimangono solo l’idea di qualcosa che poteva essere, un’infanzia fatta di gioco e leggerezza, adesso sostituita da bombe e grida silenziose.

Girl with Balloon di Banksy

L’immagine più famosa di Banksy è Girl with Balloon. Seguendo il filo della speranza persa delle immagini precedenti, qui troviamo una bambina che si lascia scappare il palloncino rosso dalle mani.

 Essa tende la mano verso l’alto, come per prenderlo, ma è immobile mentre il suo palloncino, altro simbolo dell’infanzia, vola via inesorabilmente. Il palloncino non tornerà mai più a quella bambina, così come l’infanzia rubata a tutti i bambini del mondo che soffrono e subiscono le ingiustizie causate dagli adulti.

Altra immagine che colpisce profondamente è Toxic Mary. Tornando all’idea delle icone cristiane, adesso troviamo una Vergine Maria che allatta il Gesù bambino con un biberon tossico.

Di nuovo si fa avanti l’idea di come i più innocenti subiscono le azioni degli adulti, che sfruttano la vita umana, animale e naturale, senza considerare cosa stanno togliendo, o meglio, con cosa stanno cibando le future generazioni. 

Conclusioni sulla mostra Banksy Jago Tv Boy e altre storie controcorrente

In conclusione possiamo dire che questa mostra è ricca di colpi di scena. A partire dalla mostra-installazione immersiva di Jago, dove il curatore si è superato, e ha saputo interpretare l’estetica dell’artista in questa atmosfere tra il sacro e il profano . 

Nel secondo piano, dedicato alla street art, credo che vi sia stato messo meno impegno rispetto al piano inferiore. L’atmosfera si fa più leggera, sentiamo di vivere gli anni ‘90 tra street art, musica e tematiche sociali di ieri e di oggi, per poi tornare di nuovo in una sezione più oscura, ovvero la sezione finale dedicata a Banksy.

Direi che questa transizione greve-leggero-greve del percorso espositivo è veramente d’effetto, e ce ne rendiamo decisamente conto quando passiamo in maniera improvvisa dalle pareti gialle e festose della street art all’ambiente oscuro di Banksy.

La mostra, seppur a maggioranza italiana, possiede un respiro altamente internazionale. Iniziando da Jago, artista controcorrente che ha utilizza il medium classico della scultura, unita intelligentemente ai moderni medium, ovvero i social network, ha fatto diventare le bacheche dei social il suo “muro” sul quale divulgare liberamente la sua arte come uno street artist. TvBoy segna con decisione la storia della street in Italia, e infine Banksy, fenomeno globale, si unisce a questi artisti così controcorrente, e così tanto coerenti con la nostra storia ancora in essere.

Complimenti al curatore e ad Arthemisia per aver portato una mostra di questo calibro nella città di Bologna, fulcro storico della street art italiana!

Se volete approfondire le tematiche della mostra, di seguito troverete il link diretto per acquistare il catalogo Jago, Banksy, TvBoy e altre storie controcorrente

Silvia Giaquinta per ArtAut.blog

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